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FISCO

Plusvalenza immobiliare cos'è e come si calcola


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Si parla di plusvalenza immobiliare quando un immobile viene rivenduto ad un prezzo superiore rispetto al costo sostenuto in fase di acquisto. Generalmente la plusvalenza viene tassata nel caso in cui si tratti di una seconda casa, o quando la prima casa viene venduta prima del termine dei cinque anni dall’acquisto, in particolare se non vi si è stabilita la propria residenza per almeno più della metà del tempo trascorso dall’acquisto dell’immobile.


Dal punto di vista fiscale viene fatta questa distinzione riguardo alla tassazione poiché il fattore tempo di residenza funge da discriminante per valutare se si tratta di un’operazione speculativa o meno.  


Esempio: 

Supponiamo che abbiate acquistato una casa a € 100.000 e che la rivendiate a €130.000 mila prima dei 5 anni.  La differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto è la plusvalenza.  (130.000 – 100.000= 30.000 mila).   




Calcolo imposta di plusvalenza immobiliare


Il contribuente che deve pagare l’imposta sulla plusvalenza immobiliare può decidere di inserire la stessa, sotto la voce “altri redditi” della dichiarazione dei redditi, per poi pagare la relativa aliquota di riferimento in base allo scaglione di riferimento, oppure può chiedere in sede di rogito di applicare un’imposta sostitutiva del 26%, che andrà pagata direttamente al notaio contestualmente al rogito.




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Quando non si paga la plusvalenza immobiliare 


Non si paga la plusvalenza immobiliare quando:

  • Si riceve un immobile in eredità e si decide di metterlo in vendita;
  • Si acquista un immobile e lo si vende dopo un periodo di 5 anni;
  • Si acquista un immobile con agevolazione di prima casa e per la maggior parte del periodo tra acquisto e vendita, l’alloggio viene utilizzato come abitazione principale.


Le cessioni a titolo gratuito non costituiscono plusvalenza, mentre non c’è tassazione per le plusvalenze relative a immobili acquistati per successione e per gli immobili adibiti per la maggior parte del periodo di possesso, ad abitazione principale propria o dei propri familiari.




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Costi deducibili 


Le spese deducibili che si possono sottrarre dalla plusvalenza sono:

  • Imposte pagate al momento dell’acquisto della casa (imposta ipotecaria, catastale e di registro);
  • Onorari del notaio;
  • Spese di manutenzione relative alla modifica radicale dell’immobile o alla sua modernizzazione


Esempio: se l’immobile vi è costato € 100.000 e lo rivendete a € 120.000, si possono dedurre dal prezzo di acquisto tutte le spese sopra citate, ad esempio 1000 euro per le imposte e 2.000 per il notaio (100.000 + 1000 + 2000) 103.000 mila, la plusvalenza sarà data dalla differenza tra il prezzo di vendita e il prezzo di acquisto aumentato delle spese deducibili:

120.000 – 103.000 = 17.000 euro (plusvalenza).


Riassumendo:


Costo di vendita – costo di acquisto – oneri deducibili = plusvalenza


Pagamento


Si può scegliere tra due tipi di tassazione:

  • Ordinaria, applicando lo scaglione IRPEF di propria competenza; in questo caso occorre dichiarare la plusvalenza nella dichiarazione dei redditi (modello 730 o Unico) sotto la voce “redditi diversi”;
  • Separata, applicando un’imposta sostitutiva, fissa del 26% pagata direttamente al notaio al momento del rogito. 

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Accertamento dell’Agenzia delle Entrate


Alcune persone pensano di raggirare il fisco dichiarando sul rogito un prezzo di vendita inferiore rispetto a quanto ottenuto realmente dall’acquirente.

Per esempio acquistano un immobile a € 150.000 mila e dopo lo rivendono a € 200.000 mila, ma dal notaio dichiarano di ricevere solo 150.000, è chiaro che si tratta di un modo per eludere le tasse, in questi casi, l’Agenzia può disporre un accertamento e desumere il valore più alto, chiedendo al contribuente l’imposta IRPEF evasa.


Aforisma



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